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Daniela Santerini

Lucca virtuale

Da molti anni mi sono avvicinata ad Internet, dapprima con grande timore: mi ero accorta che dentro c’era il mondo, ma si rischiava di giudicarlo reale, e non virtuale qual è. Poi il timore della bolletta, il telefono occupato… era un’ansia continua. Infine è arrivato l’Adsl, e… il difficile è staccarsi. Così, mi capita di andare a zonzo per la rete, quando per studio quando per lavoro quando per divertimento: ne ho visti, a tutt’oggi, di siti! E specialmente da quando sto lavorando al mio, li sto osservando con più attenzione, noto la passione che anima il webmaster (si dirà l’webmaster? Lo webmaster? Boh!?), l’arte della grafica, come un bel quadro, come una poesia… Ce ne vuole, chi ci ha provato lo sa, a fare un sito, ma a farlo anche artistico, allora è un altro paio di maniche!

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Toscana e Sardegna

In Toscana non c’è una, dico una persona che quando sa dove abito non esclami: “In Sardeeegnaaa? Beata lei!!!” Mi sorgerebbe di getto dal cuore uno spontaneo: “Perché non provi tu a starci trent’anni?”

I sardi insorgeranno, permalosi come sono… ma io, quando da Pisa devo andare a Milano per visitare qualche scuola di musica o per trovare gli amici, salgo sul treno la mattina presto, e alle 10 sono là. E la sera, se voglio, torno a casa. Dalla mia amica di Casumaro: un’ora da Firenze. E almeno non si lasciano i figli neonati e si ritovano sposati.

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Ritorno al futuro

Le sto provando tutte: su Myspace ormai non c’è più nessuno o quasi, ma da quando è sparito Giovanni… mi sembra di vegliare un cadavere. Sono tutti su Facebook, che nemmeno se me lo iniettano in vena riesco ad assimilarlo. Sono della vecchia squadra, io innamorata dei computer dai tempi in cui ci si comunicava con le schede perforate, che mi incantavo alla scoperta che gli elaboratori elettronici erano quegli armadi con le lucine, li vidi in un viale a Firenze alla fine di quel corso per programmatori Cobol superato con lode, e ci credo, è stato un colpo di fulmine! Ricordo bene quando cercavano di spiegarmi che il Cobol non serviva più, bastava pigiare l’indice su quello che chiamavano “topo” in inglese: non sapevo nemmeno il significato di “click”! Poi un’avventura in canoa, tra le rapide dei “software” o “hardware” e così via, e meno male che un po’ di inglese lo masticavo!

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A lavorare!

Nel mentre che le nazioni si infiammano e si accorgono di essere popolo, qui si polemizza sul 17 marzo. Ne ho sentito più d’uno, di quelli da dodicimila euro al mese (io ne prendo un’esagerazione meno, di quelli senza il “mila”), proclamare che “il 17 si deve lavorare, si festeggia lavorando!”

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Sono solo canzonette

Spesso mi chiedono, durante la settimana del Festival, se “ho visto Sanremo”, dando per scontato che per una sedicente musicista sia come per un credente andare a Messa la domenica. Solo per quello gli dò una sbirciatina ogni tanto; tranne che nel 2007, annata memorabile, una canzone meglio dell’altra, ancora me le canto e me le suono (io che posso).

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