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Suoni armonici

I suoni armonici da "The craft of musical composition" di Paul Hindemith

La quinta ed altri intervalli

Dopo l’ottava, il primo punto fisso si trova nella quinta. Ma il concetto di questo intervallo come qualcosa di fisso e immutabile è un argomento più difficile per l’orecchio inesperto: i due suoni non si fondono in uno solo come quelli dell’ottava: infatti il suono superiore non è sentito, come quello dell’ottava, come la duplicazione nell’acuto dell’inferiore. Tuttavia l’intervallo di quinta giusta è così esplicito e indipendente che si trova nella maggior parte dei sistemi di scale. Altri intervalli (terze, seste, settime e seconde) sono meno facilmente determinabili: la distanza fra i due suoni di una sesta maggiore, per esempio, si può allargare o restringere fino a un certo punto senza distruggere l’impressione di una sesta maggiore. La minima alterazione nella dimensione dell’ottava o della quinta, d’altro canto, cambia completamente questi intervalli, così che l’orecchio le percepisce come settime e quarte più che aumentate o none e seste più che diminuite.

Gli armonici

Possiamo trovare gli intervalli all’interno del materiale greggio fornitoci dalla natura, materiale che consiste in un infinito numero di suoni, dal più profondo bordone appena percepibile al sibilo che si trova all’altro limite della soglia udibile. In questo rudimentale ammasso tonale possiamo fare ordine usando la misura immutabile di ottava e quinta. La Natura, infatti, ha da sola introdotto quest’ordine, ed anche messo a nostra disposizione un’intera serie di altri intervalli. L’occhio percepisce nella luce ciò che è stato scomposto da un prisma in una serie naturale di frequenze. La luce del sole produce sempre la stessa immutabile serie di colori, a noi ben nota nell’arcobaleno.

Ora, come la luce consiste in una gradazione di colori dello spettro, così un suono consiste in molti suoni parziali. Lo spettro del mondo dei suoni è costituito dalla serie dei suoni armonici. Un suono prodotto dalla voce o da uno strumento porta con sé un maggiore o minor numero di suoni appena percepibili. Il loro ordine non è arbitrario, ma determinato da una rigida legge, ed è immutabile come la serie di colori dell’arcobaleno. La serie teoricamente si estende all’infinito, ma nella pratica un suono è accompagnato da un numero limitato di armonici. È bene che sia così, perché un suono accompagnato da tutti gli armonici fino ai limiti dell’udibile sarebbe offuscato dalla loro ridondanza, perderebbe il suo carattere e verrebbe soffocato: le campane di bassa qualità, con il loro grande numero di armonici prominenti ci danno un’idea di cosa potrebbe significare una tale sovrabbondanza di armonici. Con loro c’è un caos di suoni piuttosto che uno solo, e come tale non è di nessun aiuto per scopi musicali.

Un suono completamente privo di armonici, d’altra parte, è senza carattere, non ha profilo, non ha espressione. Non può essere prodotto da strumenti musicali. Un suono completamente puro come questo può essere prodotto elettricamente da arnesi come un oscillatore o apparecchi simili. È di valore virtuale, non musicale. Anche i suoni relativamente poveri di armonici, come quelli del diapason, non vengono usati nella pratica musicale. I suoni sciapiti del registro medio, per esempio, o quelli simili dell’organo, sono di buon effetto solo se combinati con quelli più sottili (come quelli più ricchi in armonici). I nostri strumenti musicali, compresa anche la laringe, producono i loro suoni con l’azione congiunta di vibrazioni di corpi solidi, che a loro volta causano la vibrazione dell’aria.

Tutte le parti vibranti dello strumento possiedono uno o più suoni concomitanti, come possiamo osservare battendo sul legno del violino o sull’ottone della tromba. Questi suoni sono inseparabilmente connessi con il suono principale prodotto dallo strumento. Perfino se quest’ultimo fosse privo di armonici, si potrebbero sentire quelli tipici del materiale in cui lo strumento è costruito. Di conseguenza gli armonici hanno una relazione importante col colore, o timbro, del suono. Quest’ultimo dipende non solo dalla natura del materiale dello strumento che lo produce, ma anche dal modo in cui questa vibrazione viene suscitata: l’articolazione, l’arcata, il tocco, tutti hanno un’influenza importante sulla distribuzione degli armonici. Ogni timbro corrisponde a un determinato gruppo di armonici. L’orecchio li percepisce a fatica separatamente: sente solo loro sparizione o comparsa come cambi di timbro.

Il seguito alla prossima puntata, o meglio al prossimo post…

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