Imparare a suonare il pianoforte
Imparare a suonare il pianoforte, o anche un altro strumento (ma io di questo parlo perché è il mio strumento principale), sembra un’impresa prima di tutto adatta solo a un pubblico di giovani, per non dire “bambini”: pensate che da un mio allievo trentenne a Lucca mi sono sentita dire “sono troppo vecchio”… Non gli ho riso sguaiatamente in faccia per non offenderlo, perché mi vedevo tutti in fila gli adulti che mi sono passati davanti in tutta la mia vita di insegnante. Anche ultraottantenni, ne ho avuti, e ne serbo un ricordo meraviglioso. E dovreste vedere lo sguardo di incommensurabile felicità, quando si accorgono di riuscire a suonare! È quello sguardo stracolmo di sentimenti variopinti che dà una ragione alla mia passione per la didattica.
Sì, perché tutto sta lì. Prima di tutto il metodo giusto: via un anno di solfeggio seguito dal Beyer, con tutto il rispetto per questo testo secolare che uso ancora alla bisogna. Il contatto fisico con lo strumento deve arrivare subito, di solito con me avviene alla prima lezione: certo che non eseguono una sonata di Beethoven appena arrivati, e magari neanche dopo, così come un bambino che impara a leggere non deve per questo scrivere immediatamente – e nemmeno in un secondo tempo magari – un romanzo storico.
Il segreto è nell’approccio: deve avvenire per gradi: non avete idea di quante cose si possono fare con due note! Prima di tutto si capisce quando salgono o scendono o si “ribattono” e cosa vuol dire questo sullo strumento; poi si può dare alle note stesse una durata diversa, e con un’armonia, diciamo con un accompagnamento orchestrale creato appositamente, escono fuori impensabili canzoncine. Io ci ho basato pagine e pagine del mio metodo, unendo alla pratica anche quelle informazioni che nei corsi classici vengono date dopo anni, come la misurazione degli intervalli, ad esempio.
Bene, non ci posso scrivere un trattato, su come imparare a suonare il pianoforte: posso solo dire agli adulti di qualsiasi età “Coraggio! Non è mai troppo tardi!”
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