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L’armonia dei suoni armonici

I suoni armonici da "The craft of musical composition" di Paul Hindemith

L’armonia dei suoni armonici

 

Se chiediamo a a un musicista che conosce il suo mestiere ed ha una indubbia conoscenza teoretica, quali suoni sceglierebbe fra la gamma di quelli udibili, quale serie egli avrebbe considerato il più naturale, il più semplice e il più pratico materiale per la composizione, risponderebbe dopo averci pensato su un momento che noi vogliamo dire la scala, perché senza la scala non è possibile la musica organizzata.

Lui starebbe pensando alle scale maggiori e minori, che forniscono un apporto inesauribile di suoni per ogni combinazione armonica, e secondo le quali vengono classificate tutte le melodie da lui conosciute: dimenticherebbe tuttavia che i nostri antenati fecero uso di altre scale, e che perfino i popoli moderni di altre culture usano scale che spesso somigliano poco alle nostre.

Suoni primordiali

Anche nella più semplice attività musicale, non influenzata da educazione o esperienza – la musica dei selvaggi, o i primi tentativi di cavar fuori suoni da un osso cavo o da una zampogna – si deve far uso di alcune progressioni di intervalli costituite di solito da una successione di suoni congiunti. Il musicista primitivo, esprimendo in modo diretto il suo stato d’animo, non sarà stato interessato come prima cosa all’esatta distanza fra i suoni. Non finché una considerevole esperienza non abbia allargato il campo della sua conoscenza e sollevato il livello delle sue ambizioni facendogli sentire il bisogno di fare ordine nel lussureggiante e selvaggio territorio tonale.

Spettro dei suoni armonici

Si sarà poi capito che certi intervalli hanno lo stesso effetto su tutte le persone. Perfino un uomo del più basso livello di civiltà quando sente l’intervallo di ottava, capisce che la nota superiore è l’immagine più acuta di quella inferiore. Di conseguenza, in tutti i sistemi tonali conosciuti i modelli di scala, con poche eccezioni sono racchiusi nello spazio fra due suoni distanti un’ottava.

         Dopo l’ottava, il primo punto fisso si trova nella quinta. Ma il concetto di questo intervallo come qualcosa di fisso e immutabile è un argomento più difficile per l’orecchio inesperto: i due suoni non si fondono in uno solo come quelli dell’ottava. Infatti il suono superiore non è sentito, come quello dell’ottava, come la duplicazione nell’acuto dell’inferiore.

 Andiamo allora a scuriosare nella natura: l’occhio percepisce nella luce ciò che è stato scomposto da un prisma in una serie naturale di frequenze. La luce del sole produce sempre la stessa immutabile serie di colori, a noi ben nota nell’arcobaleno. Ora, come la luce consiste in una gradazione di colori dello spettro, così un suono consiste in molti suoni parziali: l’avreste mai detto? Sì, lo spettro del mondo dei suoni è costituito dalla serie dei suoni armonici. Un suono prodotto dalla voce o da uno strumento porta con sé un maggiore o minor numero di suoni appena percepibili. Il loro ordine non è arbitrario, ma determinato da una rigida legge, ed è immutabile come la serie di colori dell’arcobaleno. La serie teoricamente si estende all’infinito, ma nella pratica un suono è accompagnato da un numero limitato di armonici. È bene che sia così, perché un suono accompagnato da tutti gli armonici fino ai limiti dell’udibile sarebbe offuscato dalla loro ridondanza, perderebbe il suo carattere e verrebbe soffocato: infatti le campane di bassa qualità, con il loro grande numero di armonici prominenti, ci danno un’idea di cosa potrebbe significare una tale sovrabbondanza di armonici. Con loro c’è un caos di suoni piuttosto che uno solo, e come tale non è di nessun aiuto per scopi musicali. Non per niente si dice “stonato come una campana”.

Un suono completamente privo di armonici, d’altra parte, è senza carattere: non ha profilo, non ha espressione. Non può essere prodotto da strumenti musicali. Un suono completamente puro come questo può essere prodotto elettricamente da arnesi come un oscillatore, un diapason o apparecchi simili, ed è di valore virtuale, non musicale. I nostri strumenti musicali, compresa anche la laringe, producono i loro suoni con l’azione congiunta fra la vibrazione di corpi solidi e la conseguente vibrazione dell’aria. E tutte le parti di uno strumento possiedono e presentano “suoni” (come si può osservare toccando il legno dello strumento o l’ottone della tromba), che sono inseparabilmente connessi con il suono principale prodotto dallo strumento stesso.L’orecchio li percepisce a fatica separatamente: sente solo la loro comparsa o scomparsa come cambi di timbro.

Provate – per chi ha un pianoforte – a suonare il primo DO a sinistra, il più basso della tastiera, con una certa forza (senza rompere il piano però) e mantenetelo premuto. Con l’orecchio provate a percepire i suoni che lo accompagnano, man mano che il principale si affievolisce. Dapprima non sarà facile, ma sono convinta che dopo poco riuscirete a sentire il primo, e poi anche il secondo e magari il terzo.
Qui sotto un’immagine che mi è cara, presa da “The craft of musical composition” di Paul Hindemith.
Il discorso continua…

suoni armonici

Suoni armonici

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