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Ghidappa!

Giornata storica, ieri: James Brown era qui, ad Alghero. Così si può dire che il palazzo dei congressi, da anni lì fermo (e da quando i palazzi si muovono?), serve a qualcosa! All’esterno – perché bella com’è, questa mega costruzione, tutta a vetri che riflettono da tempo immemorabile gli stupendi tramonti algheresi, basta vederla da fuori, non pretenderete mica anche di entrare!? – dicevo, all’esterno un grande piazzale, gradinate in cemento (durissimo, avete mai sentito il cemento morbido?) da una parte, grande spiazzo vuoto per chi adora stare in piedi, e laggiù lontano, ma lontano lontano, il palco. Io mi ero comprata il binocolo, all’uopo, e non credevo certo di essere l’unica: ad averlo saputo, ne avrei preso una carrettata, e mi sarei arricchita rivendendoli!

Attesa interminabile, inizio quasi un’ora dopo. E prima uno che cantava benino, sì, ma non era proprio “lui”, anche se a un certo punto ho cominciato a pensare “si sarà fatto la plastica?”. Ma non avevo il coraggio di chiedere intorno “ma quello chi è?” E il sassofonista… strabiliante! Per non dire il chitarrista, il trombettista, il batterista, il percussionista, il coro… Ora, non per essere razzista, ma erano quasi tutti bianchi. E ci sono rimasta male.

Perché se una cosa aspettavo, dal 68, era di vedere quei passi a ritmo di soul dei fiati, quei cori che quando la voce è nera, non c’è niente da fare, ha quella marcia in più, già mi facevano arrabbiare quando dicevano “il negro bianco”, di Fausto Leali… “Il negro bianco”… ma che discorsi sono? Ero già sconsolata, tutta l’attesa, e il costo del biglietto dove lo mettiamo, e il prezzo della minerale, lì al chiosco, che gridava vendetta al cielo, il binocolo mi pesava, la macchina fotografica, al buio, inutilizzabile, a meno che non volessi fotografare i fari quelle volte che me li hanno piantati negli occhi, e poi dicono che guardare il sole fa male… Finché ho visto uno tutto nero, vestito di nero, ha socchiuso la bocca, e quella fila di denti, veri o no, li riconoscerei fra mille, quei capelli stirati… Un sorriso mi si è stampato sulla bocca, ridevo come una scema, al piazzale, a quei puntini lontani, all’idolo della mia gioventù, le ho suonate tutte con Le Stars, le sue canzoni, e ci sono tornata, nel 68 in Vietnam, a vedere i soldati – neri, almeno loro – che ti accoglievano col pugno chiuso, cosa vuol dire quel ritmo caratteristico di chitarra che ti risuona nella testa anche dopo che ci hai dormito su, e ti scopri a storpiare per la miliardesima volta “ghidàppa!”, quell’urlo graffiante, “è un mondo di uomini, ma non ci sarebbe niente senza le donne e le ragazze…”

Ti ritrovi che è finito, il bis non esiste, ma tanto siamo pieni di musica e ancora ci muoviamo, con i piedi gonfi che straripano dai sandali mi avvio all’uscita, mio figlio ci mette un’ora per venirmi a prendere, e non certo per colpa sua. A casa dormono tutti (se “tutti” si può dire di un marito), fra un “ghidàppa” e l’altro mi infilo nel letto. Intanto sono tornata ventenne: domani penserò a crescere.

http://www.jamesbrown.com/

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